di Francesco
Storicamente il monachesimo nasce nel IV secolo quando il cristianesimo, divenuto religione di stato, tende a perdere il carattere profetico e radicale delle origini.
Storicamente il monachesimo nasce nel IV secolo quando il cristianesimo, divenuto religione di stato, tende a perdere il carattere profetico e radicale delle origini.
Alcuni
cristiani cominciano a ritirarsi nella solitudine del deserto. Sono semplici
laici che desiderano vivere la fede in modo più radicale. E semplici laici saranno
i primi monaci solitari come Antonio, Paolo Eremita e gli iniziatori del
monachesimo cenobita come Pacomio, Benedetto e Basilio.
Col
trascorrere dei secoli il monachesimo occidentale, a differenza di quello delle
Chiese orientali, tenderà a perdere il suo carattere laicale a causa di una
progressiva clericalizzazione.
A
partire dal Concilio Vaticano II nella Chiesa latina è in corso una profonda
riflessione sul significato più autentico
del monachesimo. Valori tipicamente monastici come il rapporto intimo con Dio,
la ricerca di un equilibrio tra il tempo dedicato al lavoro e quello dedicato
all’interiorità, al silenzio e alla contemplazione, interessano non più
soltanto i monaci ma un vasto numero di credenti.
Gli
stessi ambienti monastici istituzionali hanno rilevato che esistono oggi nel mondo: persone che vivono un monachesimo nelle
forme tradizionali cioè all’interno di qualche ordine religioso; persone che si
consacrano alla vocazione monastica in modo visibile ma altrettanto libero da
vincoli di natura giuridica, senza cioè legarsi ad una particolare istituzione;
infine persone che vivono la dimensione monastica come dimensione fondamentale
anche se non esclusiva della loro vita. Questi ultimi in particolare,
accentuano quello che può definirsi “l’archetipo monastico”, cioè una
dimensione profonda della ricerca dell’intimità con l’Assoluto che è presente
in ogni essere umano.
La
vita monastica non è altro che la vita religiosa ridotta all’essenziale fondata
esclusivamente sul Vangelo. Ciò che la caratterizza e che la differenzia dalla
vita comune dei fedeli è generalmente il celibato monastico, anche se, come si
vedrà, non è oggi sempre del tutto così.
Nel
corso dei secoli la Chiesa ha visto sviluppare diverse forme di monachesimo; in
primo luogo le due principali tendenze dell’eremitismo da un lato e del
cenobitismo dall’altro. L’Occidente ha visto poi la nascita di molti ordini
religiosi frutto sia dei particolari carismi dei fondatori sia a causa di
riforme rese necessarie dagli eventi storici.
L’Oriente
cristiano viceversa ha mantenuto una maggior libertà carismatica senza vedere
il proliferare di una moltitudine di ordini religiosi. Ed è stata proprio la
Chiesa ortodossa a sottolineare in modo particolare la natura essenzialmente
“monastica” del cristianesimo in quanto
tale.
La
spiritualità della Chiesa ortodossa è infatti essenzialmente contemplativa e
tutti i credenti sono uguali di fronte a Dio in virtù del battesimo. A
testimonianza di questo fatto il rito del battesimo nella tradizione orientale
è caratterizzato da un simbolismo simile a quello che si svolge nel momento
dell’ordinazione presbiteriale, nell’ordinazione a Lettore ed infine nel
momento in cui un fedele entra nella vita monastica.
Nella
spiritualità ortodossa è quindi presente l’idea di un “monachesimo universale”
che si affianca al “sacerdozio universale” (o regale) dei fedeli che,una volta
battezzati, non appartengono più al mondo pur rimanendo in esso.
La
tradizione monastica cristiana sia in Oriente che in Occidente ha offerto nel
passato come oggi alcuni mezzi quali la conversione continua, l’ascesi, la
preghiera, il silenzio. Tali mezzi, come sottolinea con più incisività la
spiritualità ortodossa, sono validi per tutti i cristiani, indipendentemente
dal proprio stato di vita.
Oliver
Clement, un teologo ortodosso scomparso di recente ha affermato che nella
Chiesa ortodossa esiste una sola spiritualità cioè quella monastica e che: “Ogni fedele, simbolicamente tonsurato
all’atto del battesimo, deve partecipare a suo modo a questa spiritualità, e
parecchi teologi contemporanei parlano a questo proposito di “monachesimo
interiorizzato” (il matrimonio non fa problema perché la castità designa
l’integrità spirituale, e il matrimonio può dunque essere casto)”[1]
Tale
interpretazione verrà fatta propria ed elaborata anche in ambito cattolico dal
mistico fiorentino Divo Barsotti e, più di recente, da molti teologi di Chiesa.
Partendo
dal presupposto dalla coincidenza dei valori monastici con i valori essenziali
del Cristianesimo, molti fedeli anche in Occidente hanno riscoperto negli
ultimi decenni l’importanza di alcuni elementi della tradizione come ad esempio
la lectio divina, la preghiera liturgica delle Ore e la meditazione intesa non come riflessione mentale o come
immaginazione ma come presenza silenziosa.
Questo
fatto ha portato molti laici a frequentare più o meno regolarmente i monasteri,
luoghi in cui le fonti della tradizione si sono preservate nel tempo,
partecipando a incontri, ritiri e alle funzioni liturgiche dei monaci.
Va
detto però che gli ordini monastici più antichi fanno talvolta fatica a dare
risposte soddisfacenti a chi bussa alle loro porte. Al contrario le nuove
comunità monastiche e contemplative sorte in tempi recenti, creano inedite
forme di aggregazione, permettendo ai laici di vivere i valori monastici con
modalità diverse che possono variare da comunità a comunità.
Tra
queste comunità quella che per prima ha aperto le porte anche ai laici è la
Comunità dei Figli di Dio fondata dal citato Divo Barsotti alcuni anni prima
del Concilio Vaticano II. Essa si ispira al monachesimo sia occidentale che
orientale ed è formata da quattro rami; uno di religiosi che vivono in piccole
case di vita comune e gli altri da laici che vivono nel mondo.
Il
carisma della Comunità è quello di vivere una vita cristiana all’insegna di un
“monachesimo interiorizzato” aperto a tutti, teso al riconoscimento del primato
di Dio e volto all’accoglienza di chiunque si senta chiamato a vivere la vita
contemplativa senza necessariamente entrare in un monastero.
“Il monaco”, scrive Barsotti,”è l’uomo che vive radicalmente questa
ricerca del fine ultimo. Vi è dunque una certa equivalenza fra ogni uomo che
veramente viva la sua vocazione e il monaco. Il vero monaco non è che il
prefetto cristiano”.[2]
Per
più di quarant’anni D. Barsotti nei suoi scritti, molti dei quali dedicati ai
membri della Comunità, ha sottolineato l’importanza della vita contemplativa e
della preghiera quale vocazione più alta e profonda di ogni cristiano. Accanto
alla preghiera liturgica egli ha sempre fortemente raccomandato la Preghiera di Gesù come forma di orazione
personale più alta.
Essere
monaco per Barsotti è in primo luogo uno stato personale, carismatico, in cui
realizzare la piena unità infranta dal peccato superando così la divisione tra
noi e Dio e la divisione tra gli uomini.
Tra
le nuove realtà monastiche più
conosciute nate dopo il Concilio un posto di rilievo occupa la Fraternità
Monastica di Gerusalemme.
La
caratteristica principale di questa comunità consiste nel vivere l’ideale
monastico nelle città, non separandosi dagli uomini, ma condividendo con loro i
diversi aspetti della vita quotidiana.
I
monaci e le monache vivono in appartamenti presi in affitto e dividono la
giornata tra la preghiera liturgica e personale in una chiesa della città,
l’accoglienza, il silenzio e un lavoro svolto a tempo ridotto fuori della
comunità.
Il
Libro di vita, scritto dal fondatore
padre Pierre Marie Delfieux, costituisce
la regola di vita delle Fraternità di Gerusalemme che comprendono singole
fraternità cenobitiche di monaci e monache, sorelle e fratelli di vita
solitaria e fraternità laiche che si riuniscono regolarmente per pregare
insieme.
Un’esperienza
più recente di “monachesimo nel mondo”, è quella della Fraternità Monastica di
Emmaus, nata nel 1996 ad opera di alcune laiche desiderose di vivere nella
normale quotidianità, una vita ispirata agli ideali del monachesimo
benedettino.
Le
quattordici donne che oggi compongono la Fraternità vivono separatamente in
diverse città italiane. Ognuna vive da sola e si organizza l’orario della
giornata ponendo al centro l’Eucaristia, la liturgia delle Ore, la lectio divina e la preghiera personale.
Le sorelle si incontrano una volta l’anno in un ritiro per confrontarsi sul
cammino intrapreso.
Le
tre fondatrici della Fraternità furono ispirate nel loro cammino da una frase
del monaco Silvano del Monte Athos : “Verrà
un’epoca in cui i monaci giungeranno alla loro salvezza vivendo in mezzo alla
gente”.
Mosse
da questo ideale, le tre amiche cominciarono la loro avventura che ancora oggi
continua. E’ interessante osservare che la Fraternità, all’insegna di una piena
libertà carismatica, non ha per scelta alcun riconoscimento giuridico.
Esperienza
simile a quella di Emmaus è quella vissuta dalla fraternità La Tenda del
Magnficat. Anche questa è formata da alcune semplici laiche che hanno scelto di
vivere un “monachesimo nel mondo” la cui principale caratteristica è la Parola
di Dio incontrata e condivisa nelle case.
I
membri della fraternità vivono una forma di vita quasi eremitica in
appartamenti di città come in lauree
contemporanee, dedicandosi alla preghiera soprattutto solitaria, alla lectio
personale, al lavoro svolto in mezzo agli uomini e alla visita delle famiglie.
Se
le comunità brevemente descritte si ispirano ad un monachesimo più
tradizionale, tra le nuove forme di vita contemplativa si devono segnalare
alcune realtà che hanno come caratteristica principale quella di essere formate
quasi esclusivamente da laici che mettono al centro della loro esperienza la
pratica della meditazione profonda.
Padre
Cappelletto fu iniziato alla meditazione e al tantra yoga dal maestro indiano Anandamurti, fondatore di un nuovo
movimento religioso indiano chiamato Ananda
Marga. Sotto la guida del monaco indiano, il gesuita apprese un metodo di
meditazione profonda e diverse tecniche ascetico-mistiche che successivamente furono
riproposte quasi integralmente prima nei suoi corsi e poi nella Comunità.
Il
fulcro delle attività del movimento ruota intorno alla “meditazione profonda”
che i Ricostruttori identificano con un antico metodo di meditazione della tradizione
cristiano-orientale; esicasmo.
Le
attività dei Ricostruttori, (corsi di meditazione, conferenze, corsi di terapie
alternative, ecc.) si svolgono nei numerosi centri che sorgono sia in città che
in campagna e sono finalizzate, oltre che alla diffusione della preghiera
profonda, ad avvicinare persone lontane dalla Chiesa o dalla vita religiosa in
genere.
Nell’approccio
totale alla persona, entità formata da corpo, anima e spirito, sono sorti anche
studi medici dove operano specialisti in terapie alternative quali l’omeopatia,
l’ayurveda, l’iridologia, l’agopuntura,la
naturopatia, la musicoterapica ecc.
Formata
esclusivamente da laici sotto la guida del padre benedettino Laurence Freeman,
è la Comunità Mondiale per la Meditazione Cristiana (WCCM).
La Comunità nacque all’indomani di un
seminario dedicato a John Main svoltosi nel 1991 a New Harmony nello stato
dell’Indiana, in cui relatore di eccezione era padre Bede Griffiths, il famoso
sannyasin cristiano che ha vissuto gran parte della sua vita in India.
J. Main ha dedicato quasi tutta la sua
vita monastica, fino al 1982, anno della morte, nel diffondere la meditazione
silenziosa sia in ambienti monastici che tra i laici.
Il metodo da lui insegnato si ispira
alla “preghiera pura” diffusa in Occidente nel IV secolo dal monaco Giovanni
Cassiano che l’aveva appresa direttamente dai Padri del Deserto.
J.
Main fu iniziato alla meditazione da un monaco indiano anni prima in Malesya,
dove, non ancora divenuto monaco, prestava servizio per il Ministero degli
Esteri britannico.
Entrato
in monastero nel 1958, avendo ormai fatto della meditazione una disciplina
quotidiana, nel 1977 fondò in Canada una comunità benedettina che aveva come
scopo principale la pratica e l’insegnamento della meditazione cristiana.
L’attenzione
al mondo dei laici fu in J. Main, così come in B. Griffiths, una costante
sempre presente. Tale attenzione si realizzò con la frequentazione della
comunità monastica da parte dei laici e successivamente, con il diffondersi di
gruppi settimanali di meditazione, oggi diffusi in ogni parte del mondo.
Il
legame con la comunità monastica e con la Comunità Mondiale
per la Meditazione si è concretizzato negli anni, anche dal punto di vista
istituzionale, attraverso l’antica forma dell’oblazione benedettina. Molti
meditanti infatti si vincolano spiritualmente alla Comunità Mondiale divenendo
oblati, inserendosi così nell’alveo dell’antica tradizione monastica e, allo
stesso tempo, facendo della meditazione il centro della loro vita di preghiera.
Le
nuove comunità monastiche e contemplative fin qui brevemente descritte,
esprimono solo un piccolissimo spaccato di una realtà molto più vasta che è in
continuo divenire ormai da diversi decenni e la cui vitalità “…deve essere vagliata dall’autorità della Chiesa,
alla quale compete l’opportuno esame sia per saggiare l’autenticità della finalità ispiratrice, sia per evitare
l’eccessiva moltiplicazione di istituzioni tra loro analoghe col conseguente
rischio di una nociva frammentazione in gruppi troppo piccoli…”[3]
Molte
esperienze hanno avuto vita breve o si sono estinte in seguito alla morte del
fondatore. Certamente esse sono il frutto delle nuove esigenze spirituali nate
all’interno della Chiesa soprattutto all’indomani del Concilio Vaticano II.
Le
nuove comunità hanno in genere un carattere prevalentemente laicale e si
richiamano tutte indistintamente all’ideale della comunità apostolica delle
origini.
Tra
le nuove comunità molte possono definirsi di tipo monastico sia perché non
hanno fini di apostolato specifici, sia per il riferimento esplicito alla
tradizione monastica. Un aspetto infine comune a tutte le nuove comunità è
l’importanza fondamentale attribuita alla vita contemplativa che si esprime sia
nelle forme più tradizionali che in forme innovative spesso influenzate da
tradizioni religiose non cristiane.
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