Per entrare in contatto con Rachel, non serve raggiungerla nella sua casa in mezzo al verde e alle galline. Come “eremita moderna”, Rachel ha un indirizzo email, dal quale risponde di tanto in tanto. «Era il 2002, dovevo guadagnarmi da vivere», racconta. «Mi ero già interessata alla calligrafia. Sembra perverso per un’eremita, ma amo le parole! In un mondo che vende parole prive di senso, la calligrafia è un modo per rallentare tutto e dare identità a ogni singola frase. Così ho cominciato a tenere lezioni di calligrafia. Da qui poi è nata l’idea di vendere le mie opere, e Internet si è rivelata uno strumento utile».
Fino all’“illuminazione” dei versi scritti nel 1974 dal frate benedettino Raphael Vernay: “L’eremita è un pioniere... la vocazione eremitica, almeno embrionalmente, si trova in ogni vocazione cristiana... è necessario che la Chiesa e la società facciano qualcosa perché questa sia realizzabile, in modo che ciascuno possa almeno toccarla, anche solo con la punta del mignolo”.
Fino all’“illuminazione” dei versi scritti nel 1974 dal frate benedettino Raphael Vernay: “L’eremita è un pioniere... la vocazione eremitica, almeno embrionalmente, si trova in ogni vocazione cristiana... è necessario che la Chiesa e la società facciano qualcosa perché questa sia realizzabile, in modo che ciascuno possa almeno toccarla, anche solo con la punta del mignolo”.
Internet e i social potevano diventare anche uno strumento di evangelizzazione, in uno strano incontro tra il mondo veloce della Rete e quello senza tempo dell’eremitaggio. «Gli eremiti non erano così comuni 15 anni fa», dice Rachel. «Quindi ho pensato di usare Internet per convidere un po’ della mia vita. Il Web poteva essere un mezzo per raccontare l’eremitaggio nella pratica, in modo da consentire ad altri “almeno di toccarlo, anche solo con la punta del mignolo”, come recitavano quei versi».
La storia di Rachel è stata raccontata di recente anche da Reuters. La vita da eremita in una caverna, dice, non fa per lei. Ogni mattina Rachel si sveglia presto, si occupa dell’orto, dà da mangiare agli animali, e prega. Come richiedono le regole dell’eremitaggio. Poi accende il computer e inserisce username e password per accedere ai suoi profili social.
«All’inizio ero diffidente», ammette. Poi l’amministrazione locale organizzò dei corsi per le piccole imprese che volevano usare la Rete per vendere i propri prodotti. E una giornata era proprio dedicata alla formazione per l’uso di Twitter e Facebook. Rachel ne approfittò subito. E oggi, da buona imprenditrice, ha ben due profili Facebook. «Uno per restare in contatto con la famiglia e gli amici intimi che non incontro da anni», dice. «E un altro che riguarda la mia vita da eremita». (... for “hermitage” stuff, scrive). «Uso principalmente la pagina Facebook sull’eremitaggio, inviando in automatico anche i contenuti su Twitter. Così la stessa cosa arriva a più persone».
La gallina nella stanza della preghiera (dalla pagina Facebook “St Cuthbert's House”)
Oggi Rachel si guadagna da vivere vendendo i manifesti e cartoline decorate con la calligrafia, realizzate anche su commissione. E collabora con una rivista reigiosa locale, in cui racconta la vita da eremita.
Su Facebook pubblica immagini sacre, notizie che riguardano la vita della Chiesa, foto dei suoi gatti e delle sue galline che razzolano nella “stanza della preghiera”, risponde ai commenti ed esorta a non dimenticare la guerra in Siria e l’esodo dei rifugiati. Ma utilizza la rete anche per le faccende pratiche. La spesa soprattutto. In effetti, non c’è niente di più utile di Internet per chi voglia vivere lontano da tutto. Supermercati compresi.
Su Facebook pubblica immagini sacre, notizie che riguardano la vita della Chiesa, foto dei suoi gatti e delle sue galline che razzolano nella “stanza della preghiera”, risponde ai commenti ed esorta a non dimenticare la guerra in Siria e l’esodo dei rifugiati. Ma utilizza la rete anche per le faccende pratiche. La spesa soprattutto. In effetti, non c’è niente di più utile di Internet per chi voglia vivere lontano da tutto. Supermercati compresi.
Qualche mese fa le è stato anche diagnosticato un cancro. Le ultime foto online la ritraggono senza capelli o con un turbante in testa. I suoi follower non l’hanno abbandonata, avviando una campagna di raccolta fondi per lei e gli altri malati di cancro. A luglio sulla pagina Facebook ha caricato un selfie senza capelli. «Ecco il mio nuovo look», scrive. «Non ho avuto la vocazione buddista, sto solo facendo la chemioterapia. Ma cerco di affrontarla con serenità, amore e rispetto». Faccina felice.
(fonte: http://www.linkiesta.it/it)
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