Non sono in molti, ma la loro presenza e la loro testimonianza hanno un effetto potente, fascinatorio: sono i nuovi eremiti, quelli che si trovano chiusi in piccoli appartamenti proprio nel cuore delle nostre città. Oppure vivono ai margini di boschi e paesi, costruendo da soli il loro eremo o rimettendo a posto vecchie canoniche e cappelle che prima cadevano a pezzi. Il fenomeno è stato rilevato sul finire degli anni Ottanta e negli ultimi quattro-cinque anni registra un costante aumento in termini numerici. Una nuova pubblicazione lo ha riportato in primo piano: si tratta del libro I nuovi eremiti di Isacco Turina, pubblicato dalla casa editrice Medusa. Turina è un sociologo che, attraverso incontri e interviste, ha avvicinato 35 “nuovi eremiti” in Italia, giovani e anziani, uomini e donne. E ne sono usciti ritratti di un’umanità sorprendente, storie straordinarie di fede, coraggio e speranza, che colpiscono per la radicalità e insieme per la bellezza della vita che ne scaturisce. L’eremitaggio occidentale – dopo la straordinaria fioritura del primo cristianesimo e dell’alto Medioevo – è quasi scomparso tra l’Ottocento e la prima metà del Novecento. Proprio a partire dagli anni Sessanta qualcuno ha cominciato a ripensarlo e riproporlo come stile di vita religiosa. Così i primi pionieri della vita solitaria fanno timidamente la loro comparsa in Francia, Canada e in Italia. In Vaticano ci si accorge di questi fermenti e nel 1983 il nuovo Codice di Diritto Canonico istituisce all’articolo 603 la figura dell’eremita diocesano, sottoposto all’autorità del vescovo. Ma non tutti accettano questo vincolo e dunque non tutti sono “riconosciuti” giuridicamente dalla Chiesa. Non per questo, però, sono meno aderenti ad una scelta di fede. Quanti sono in Italia? Secondo l’autore le cifre onnicomprensive – ossia che comprendono tutti coloro i quali si autodefiniscono eremiti – possono anche superare il migliaio. Se si intende il termine più restrittivamente, la cifra si abbassa a cento, duecento. Non molti, dunque, ma di grande impatto e capaci di “contagiare” con il loro esempio e di diventare un importante punto di riferimento spirituale per le comunità in mezzo – o vicino – alle quali hanno scelto di vivere. Chi sono? Nel libro di Turina si possono incontrare storie molto diverse. Come quella di Carlo, sacerdote, con una laurea in medicina e una specializzazione in psichiatria, una lunga permanenza per lavoro in Francia,, mentre oggi passa in silenzio e solitudine tutte le mattine e le sere, in un piccolo appartamento di città: il pomeriggio scende nella chiesa sotto casa e lì confessa ogni giorno almeno una decina di persone. Oppure c’è la storia di Barbara che vive nella periferia di Roma, è pittrice e vi mantiene vendendo i suoi quadri molto fantasiosi e colorati. Nelle ore in cui non lavora prega, medita, intona liturgie. E c’è invece chi vive in una canonica isolata in Toscana e poi, per mesi, cammina in giro per l’Italia, parlando del Vangelo a chi incontra e facendosi ospitare nei santuari e ovunque gli venga offerto un tetto sotto cui riparare. Insomma, un piccolo mondo nascosto, ma vivo, di grande forza, capace di offrire speranza in nome di Cristo a chi vi si accosta, lontano dai falsi miti e le false necessità del nostro mondo inutilmente vorticoso. (Corrispondenza Romana/991 del 12 maggio 2007)
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