Sono un prete diocesano. Vivo in Puglia. Ho superato, da poco, la soglia dei quarant’anni.
Vivo, nascostamente, ma con il consenso del mio padre spirituale, una forma di vita monastica semi-eremitica (di tipo cistercense), nella città, compatibilmente con gli impegni pastorali (confessioni, accompagnamento spirituale, visita agli ammalati, celebrazione eucaristica, adorazione eucaristica, individuale e comunitaria).
Prego la Liturgia delle Ore, secondo lo Schema A, cioè con i centocinquanta salmi distribuiti nell’arco di una settimana.
A sera, prima della Compieta, leggo e medito il brano della Regola di San Benedetto, secondo il calendario dell’Abbazia Madonna della Scaladi Noci (Bari). Lo stesso brano della Regola lo rileggo la mattina, dopo le Lodi mattutine, accompagnandolo con la lettura di un commento allaRegola stessa, per il brano relativo a quella determinata giornata.
Gli impegni pastorali, che a volte si prolungano fino a tarda sera, talvolta, non mi consentono la levata notturna. Almeno due o tre volte alla settimana, tuttavia, celebro il Mattutino (= Ufficio delle Letture, con le due vigilie), alle 4.30.
I momenti in cui osservo il silenzio totale (fatta eccezione per i momenti di preghiera liturgica) sono quelli del pomeriggio: dalle 13 alle 17, e dal dopo compieta fino al mattino. Durante la fascia oraria pomeridiana, mi dedico allo studio e, in particolare, alla lectio divina.
Rientrato a casa, tolto l’abito talare (che indosso costantemente), indosso un semplicissimo abito, di tipo monastico, con tunica bianca e scapolare nero, fermato in vita da una cintura di cuoio.
In ogni momento di preghiera, indosso la cocolla bianca.
Non manca, nell’arco della giornata, la lettura spirituale, con testi relativi alla vita monastica oppure relativi alla vita di San Benedetto o di altri santi monaci.
Mi piacerebbe confrontarmi con altre persone (preti o laici), che vivono un’esperienza simile alla mia.
Don Alex.